« Chi salva una vita, salva il mondo intero » (Talmud)
Il museo Yad Vashem o Museo
dell'Olocausto (Ebraico: יד ושם) è il memoriale ufficiale di Israele delle vittime ebree dell'olocausto fondato nel 1953 grazie alla Legge
del memoriale approvata dalla Knesset, il parlamento Israeliano. Il nome del museo, che significa "un memoriale e un
nome", viene dal libro di Isaia 56:5, dove Dio dice, "concederò nella mia casa e dentro le
mie mura un memoriale e un
nome ... darò loro un nome
eterno che non sarà mai cancellato".
Il museo è composto da una sala memoriale, un museo storico, una
galleria d'arte, una Sala dei Nomi, un archivio, "la valle delle comunità
perdute" ed un centro educativo. Presso il museo esiste un Giardino dei Giusti, dove
vengono onorati i Giusti tra le nazioni che, spesso
a rischio della propria vita, salvarono degli ebrei dallo sterminio.
Un piccolo giardino ed una targa sul pavimento del museo, inoltre,
sono dedicati ai cittadini di Le Chambon-sur-Lignon, località
della Francia, che durante la Seconda guerra mondiale resero la propria cittadina un rifugio per gli ebrei in fuga dal Nazismo.
Dal 1964 al 2012 presso
lo Yad Vashem risultano registrati oltre 500 giusti tra le nazioni di
cittadinanza italiana.
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don Vincenzo Fagiolo e il cardinale Pietro Palazzini collaborarono a Roma per
salvare molti ebrei.
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Carlo Angela, medico e antifascista piemontese (padre di Piero Angela) nascose nella sua clinica di San Maurizio Canavese numerosi ebrei e antifascisti,
facendoli passare per malati. La sua azione è rimasta sconosciuta per mezzo
secolo, fino a quando uno degli ebrei salvati da lui, Renzo Segre, l'ha
raccontata nel libro Venti mesi (Sellerio, 1995).
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Giacomo Bassi, segretario comunale in Lombardia, nascose una famiglia salvandola dalla deportazione.
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Don Arrigo Beccari e il dottor Giuseppe Moreali nascosero un centinaio di bambini presso Nonantola. Furono i primi italiani registrati fra i Giusti.
Dalla loro storia venne tratto il film Arrivederci Ragazzi.
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Don Michele
Carlotto dalle
valli del Pasubio fece scappare in Svizzera una quarantina di ebrei slavi lì confinati.
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Odoardo Focherini, assicuratore di Carpi, con
l'aiuto di don Dante Sala mise in piedi
un'organizzazione di salvataggio degli ebrei. Catturato dai nazisti e
deportato, morì nel campo di concentramento di Hersbruck presso Flossenbürg. È stato
beatificato nel 2013.
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Don Beniamino Schivo, canonico della basilica cattedrale di Città di Castello e rettore del seminario
diocesano, salvò una
famiglia ebrea anche grazie all'aiuto delle suore Piccole Ancelle del Sacro Cuore.
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Giovanni Palatucci, questore di Fiume, in cui egli aiutò gli ebrei dopo le leggi razziali fasciste del 1938 e ne salvò 5000
durante la guerra, fino all'arresto da parte dei nazisti: morì in campo di
concentramento a Dachau. La Chiesa cattolica lo ha proclamato Servo di Dio.
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Giorgio Perlasca, commerciante padovano, contribuì a salvare
numerosissimi ebrei a Budapest spacciandosi per un diplomatico spagnolo. Sulla
sua storia il giornalista Enrico Deaglio ha scritto il libro La banalità del bene (ISBN 88-07-81233-9), da cui è stato tratto il film per la
televisione Perlasca - Un eroe italiano.
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Gino Bartali, ciclista, trasportò, all'interno della sua
bicicletta, dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova
identità; inoltre, durante l'occupazione nazista nascose, in una cantina di sua
proprietà, una famiglia ebrea fino all'arrivo degli Alleati.
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Don Ugo
Corsini (Pievano) e Antonio Gigli (Ufficiale di Stato Civile) salvarono una famiglia
di ebrei a Borgo San Lorenzo (Firenze)
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Don Eugenio Bussa, sacerdote milanese, che salvò molti bambini ebrei
nascondendoli, sotto falso nome, nella casa per sfollati di Serina.
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